storia del volo (parte 9)

Scritto dall’architetto Piero Camillo Tucci


I convertiplani

I primi convertiplani non ottennero successo perchè, nonostante la loro grande complessità, non offrivano prestazioni migliori rispetto agli elicotteri. Progetti più recenti hanno invece dato risultati incoraggianti e il futuro di questo tipo di aereomobile sembra oggi promettente.

Dopo la fine della seconda guerra mondiale erano ormai universalmente riconosciute le possibilità offerte dall’elicottero di decollare e atterrare verticalmente, di stare fermo nell’aria, di volare lateralmente, all’indietro, in sù ed in giù; esso, però, era di gran lunga inferiore all’aereoplano in termini di velocità, carico utile ed autonomia a parità di potenza installata. Il convertiplano costituiva un tentativo di combinare il meglio dell’ala fissa e dell’ala rotante, costruendo una macchina che potesse volare a punto fisso come un elicottero e traslare come un aereoplano.

C’erano però molti problemi. Se su un elicottero viene installata un’ala, questa viene a trovarsi nella corrente d’aria discendente generata dal rotore, peggiorando le caratteristiche di portata nelle fasi VTOL e di volo stazionario. Cosa accade, invece, al grosso rotore durante il volo traslato, quando la portata è generata dall’ala, fissa? sostanzialmente gli stessi problemi si pongono se si parte da un velivolo e si vuole aggiungere a esso uno o più rotori.

Negli anni Cinquanta i progettisti cominciarono a tirare fuori risposte sempre più sofisticate. Benchè vi fossero progetti in molte altre nazioni, i primi due convertiplani veri e propri furono finanziati dalle forze armate statunitensi nel quadro di una nuova categoria di aereomobili sperimentali caratterizzati dalla lettera V come prefisso. Cronologicamente il primo a prendere il via fu il Bell Mode! 200, ordinato nel 1952 come elicottero e designato XH-33. Nella configurazione prevista si trattava di una grossa macchina con un motore R-2800 Double Wasp da 2028 CV, ma le dimensioni furono in seguito ridotte e alla fine furono costruiti due prototipi potenziati da un R-985 wasp Junior da 456 CV.

Questo motore era istallato all’interno della fusoliera, che aveva la parte anteriore completamente vetrata per l’equipaggio e impennaggi di tipo tradizionale. Alberi di trasmissione passavano lungo l’ala di apertura relativamente elevata fino ad arrivare ai riduttori posti all’interno di carenature alle estremità di ciascuna semiala. Questi riduttori erano di tipo speciale, perchè non soltanto rinviavano il movimento di 90° ma consentivano anche di ruotare i rotori in avanti di 90° in modo da trasformarli in grosse eliche.

Al tempo dell’apparizione dei due Model 200, nel 1954, con i numeri di serie dell’US Army 54-147 e54-148, essi erano stati ridisegnati XV-3. Nel programma erano confluiti anche capitali dell’USAFe sia l’US Army che L’US Air Force speravano che l’XV-3 potesse aprire una nuova era di covertiplani utili per un’ampia gamma di missioni. Si sperava, per esempio, che essi potessero eseguire le missioni tipiche di un elicottero a una velocità molto più alta e con una minor vulnerabilità.

Naturalmente ci si era anche resi conto che l’impossibilità di azionare uno dei due rotori avrebbe reso instantaneamente incontrollabile la macchina in volo stazionario e che un tale inconveniente avrebbe avuto gravi conseguenze in qualunque momento. Lo sviluppo del primo XV-3 fu così lento che questo aereomobile fu superato dal suo rivale della McDonnel, ma alla fine inizio i collaudi di volo a punto fisso il 23 agosto 1955. Poco tempo dopo un cedimento strutturale del rotore portò alla sua radiazione ed il secondo XV-3 fu modificato con rotori rigidi bipala al posto di quelli precedenti tripala articolati. Questo esemplare eseguì infine la prima transizionecompleta nel 1958, decollando come un elicottero e trasformandosi gradualmentein un aereoplano. I due rotori venivano portati in posizione orizzontale da motori elettrici sincronizzati e l’intera sequenza, della durata di circa 15 secondi, veniva eseguita senza interruzioni.

Nel volo la velocità massima raggiungibile era di 298 Km/h e la Bell prevedeva un valore di 402 Km/h con un motore T58 da 1014 CV, ma alla fine degli anni Cinquanta l’XV-3 sembrava ormai superato dai tempi e non ricevette ulteriori finanziamenti.

Il rivale era il McDonnell Model M-82, originariamente ordinato come XH-35, ma classificato anche nella categoria del collegamento come XL-25 (dove L sta per Liaison, collegamento). La McDonnell puntò saggiamente a una macchina modesta fin dall’inizio, scegliendo come motore il radiale Continental R-975-19 da 532 CV. La base era costituita in questo caso da un aereoplano apparentemente tradizionale con impennaggio bideriva sostenuto da due travi collegati all’ala medio-alta.

La metà anterire della fusoliera, che ospitava l’equipaggio e la strumentazione, era completamente vetrata, mentre nella parte posteriore si trovava il motore, che azionava un’ elica spingente. L’elemento inconsueto era costituito da un rotore tripala azionato da getti d’estremità alimentati da un compressore azionato dal motore. Questo sistema di azionamento era esente da coppia di reazione e l’unica coppia, prodotta dal leggero attrito del mozzo, era agevolmente bilanciata dai due timoni direzionali immersi nella scia dell’elica. Anche in questo caso furono costruiti due esemplari (matricola 53-4016 e 53-4017), il primo dei quali fu completato entro breve tempo alla fine del 1953 con la nuova designazione XV-l.

Dopo gli inevitabili collaudi vincolati, la macchina eseguì un volo libero il 14 luglio 1954 e compi la sua prima transizione il 29 aprile 1955. Per la prima volta nella storia un aereomobile aveva decollato verticalmente come un elicottero, trasformandosi poi in aereoplano.

Questo sviluppo estremamente rapido era tipico della McDonnell e l’XV-l era ottimo sotto molti punti di vista, tra i quali non ultimo era l’efficace sistema di azionamento del rotore permesso dei getti alle estremità, sistema successivamente adottato dalla stessa ditta sull’elicottero Model120, che stabilì un primato di carico utile/peso a vuoto più di 1,6:1).

Ma nonostante l’XV-l raggiungesse una velocità di 322 Km/h e avesse un buon comportamento di volo (specialmente dopo l’aggiunta di piccoli rotori di coda per un miglior controllo direzionale in fase di volo stazionario), esso non risultò più veloce dei migliori elicotteri, pur essendo molto più complicato e costoso. Dopo il 1956 l’Us Army e l’US Air Force mutarono in VZ la designazione degli aeremobili destinati alla sperimentazione del volo verticale. Queste forze armate finanziarono diverse insolite macchine volanti, parecchie delle quali rientravano nella categoria dei convertiplani.

A questa categoria si possono ascrivere anche i velivoli ad ala fissa con eliche la cui spinta può essere deviata vertiacalmente per fornire portanza. Il Bell XV-3 era di questo tipo, mentre altre tecniche prevedevano l’impiego di riflettori posti dietro le eliche e altre ancora la rotazione di 90° dell’intera ala con tutti i gruppi motopropulsori. Ognuna delle macchine progettate in base a queste tecniche aveva pregi e difetti e tutte soffrivano di penalizzazioni in termini di peso e di complicazioni rispetto ai velivoli ad ala fissa. I vantaggi consistevano nel fatto che la velocità poteva essere più elevata rispetto a quella di un elicottero, mentre rispetto ad un aviogetto V/STOL il consumo nel volo a punto fisso (e anche il rumore) era notevolmente più basso, grazie alla minor velocità della corrente d’aria sostentatrice.

Della categoria basata sulla deviazione della corrente d’aria sostentarice hanno volato ben pochi esemplari. Il primo fu il Ryan Model 72 Vertiplane, finanziato dall’US Army come VZ-3. Si trattava di una macchina semplice, costruita in un esemplare unico, con un’ala piuttosto tozza in posizione alta che recava due grosse eliche a bassoregime di rotazione azionate tramite un riduttore da un turboalbero Lycoming T53 da 1014 CV sull’asse installato in fusoliera. L’ala era dotata di giganteschi ipersostentatori e la corrente delle eliche veniva incanalata da deflettori laterali, in modo tale che durante il volo a punto fisso il flusso potesse essere deflusso di 9 O o verso il basso con perdite contenute nel 10% del totale.

L’impennaggio a T era dotato di vari rotori per il controllo della macchina durante il volo verticale e stazionario, mentre il carrello fusuccessivamente sostituito da uno del tipo triciclo anteriore. Questo aereomobile fu ricostruito dopo un incidente e portato in volo dalla NASA prima di finire i suoi giorni all1Army Aviation Museum. Ilpiccolo VZ-3 fece molto,più di quanto ci si aspettasse, ma non ebbe alcun seguito.

Il suo rivale più prossimo nella gategoria degli aereomobili ad ala basculante era il Vertol 76, finanziato dall’US Army come Vz-2. Costruito anch’esso in esemplare unico (matricola 56-6943), era potenziato da un turboalbero T-53 installato nella fusoliera e azionante grosse eliche alari. Questa volta, però, l’ala era un semplice rettangolo incerniato nella parte posteriore al dorso della fusoliera. Per il volo verticale e stazionario l’intera ala ruotava verso l’alto di 90°.

Quest’aereomobile vide la luce nell’aprile 1957. Fu successivamente collaudato dall1US Army, dall’US Navy e dalla NASA, venendo modificate e stazionario, mentre il carrello fu parecchie volte e mantenendo, Pero ,i comandi tradizionali di volo dell’aereoplano con l’aggiunta di rotori orizzontali e verticali di coda per il controllo nel volo a punto fisso.

 

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