storia del volo (parte 6)
Scritto dall’architetto Piero Camillo Tucci
Otto Lilienthal
Nato a Anklam, in Pomerania, il 23 maggio 1848, Otto Lilienthal rimase orfano di padre molto presto ed ebbe di conseguenza un’infanzia difficile. Fu solo grazie al denaro guadagnato da sua madre dando lezioni di musica che il giovane Otto potè proseguire gli studi e coltivare i suoi due grandi interessi: il teatro e la musica. La passione che avrebbe nutrito per l’aviazione gli venne da un libro scritto dall’aeronaut italiano Francesco Zambeccari, un nobile bolognese che aveva avuto successo con alcune ascensioni a Londra.
Sostenuto dal fratello Gustavo, che nutriva la stesa passione, otto Lilienthal decise, a quindici anni, di costruire un ornitottero (macchina ad ali battenti) lungo due metri e con apertura alare di un metro. I due fratelli che sperimentarono la loro macchina in gran segreto per evitare lo scherno degli amici, non riuscirono comunque a levarsi in aria. Il tentativo fu quindi solo un primo passo sulla strada che poi Lilienthal avrebbe tenacemente perseguito.
Gli impegni di lavoro impedirono però al precursore del volo di proseguire a fondo le sue ricerche per una quindicina d’anni. Quando finalmente potè ritirarsi a Lichterfelde, nei dintorni di Berlino, gli aprì un laboratorio dove, sempre insieme al fratello, realizzò parecchi esperimenti sulla resistenza dell’aria.
Le prime prove pratiche ebbero luogo a Devitz, utilizzando un rilievo artificiale alto dodici metri creato con notevole fatica. Qui lo studioso riuscì a cumulare un’esperienza preziosa nel campo del volo, a proposito del quale scrisse: “In volo librato si manifestano fenomeni che il costruttore non potrebbe mai rilevare altrimenti: in particolare quelli relativi al vento devono essere presi in considerazione nella costruzione e nell’uso delle macchine volanti. Come scivolare nell’aria non può essere imparato che nell’aria stessa”.
Nel 1892 Lilienthal grazie a un nuovo modello di libratore il pioniere riuscì a compiere voli di quasi duecento metri. In quell’occasione Lilienthal scrisse: “Nei miei voli, dirigevo l’apparecchio solo agendo sul centro di gravità. E ho trovato così che, quanto minore è l’apertura alare tanto scarsi i risultati. Di qui mi è nata l’idea di sovrapporre due superfici ristrette che raccolgono insieme planando, la forza ascensionale del vento.”
Il risultato avrebbe dovuto esser lo stesso ottenibile con un solo paio d’ali due volte più grandi; e, grazie alle dimensioni ridotte,l’apparecchio reagiva più facilmente allo ,spostamento del centro di gravità”.
La mattina del 9 agosto 1896, Otto Lilienthal si recò ancora una volta sul pendio per compiere ancora qualche volo. Arrivato a una quindicina di metri dal suolo, il libratore sul quale si era levato in aria si capovolse e, di colpo, picchiò verso terra.
Il giorno dopo, prima di morire inconseguenza delle lesioni riportate, il pioniere ebbe ancora la forza di mormorare: “Bisogna saper essere pronto ai sacrifici.”
Così scomparve il pioniere che, con i duemila voli librati che compì lasciò una profonda impronta nella storia dell’aviazione.